I testi fondatori della leggenda di Compostella.


CODEX-CALIXTINUS-3-GIniziazione alla genesi del Codex Calixtinus

di B. Gicquel

1 secolo- In alcuni brevi ma decisivi passaggi del Vangelo, san Giacomo é menzionato nello stesso tempo che Pietro e Giovanni. Solo una frase degli Atti degli Apostoli lo concerne da solo, quella che racconta la sua decapitazione. L’assenza di informazioni più precise su di lui, sulla sua qualità d’Apostolo, inviato da Gesù, come tutti i discepoli, “fino all’estremità della terra”, porterà ad immaginare che si é spinto fino al bordo dell’oceano.
4 e 5 secolo- I Commmentari di san Geronimo, ispirati dall’Epistola ai Romani, sottolineano il posto della Spagna nella diffusione del messaggio cristiano, opponendola all’Illiria. L’evangelizzazione del mondo vi appare in relazione con il movimento apparente del sole da Est a Ovest, mentre ciascun apostolo deve riposare dove ha predicato il Vangelo.
6 secolo- I cataloghi apostolici apocrifi, successivi al più antico attribuito a torto a san Geronimo, riportano per san Giacomo la sua predicazione in Spagna, la sua tomba in Acaia Marmarica e la sua festa il 25 luglio. Il primo tema deriva da una contaminazione con san Paolo, il secondo da una confusione con san Giacomo il minore, il terzo da una assimilazione con gli dei antichi Hermès/Mercurio, di cui la festa si celebrava a questa data, il giorno della Canicola, e che, secondo Tito Livio, aveva la sua tomba in Spagna (tumulus Mercurii, vicino a Cartagena). Giacomo e Giovanni rappresentano inoltre nel registro cristiano i Dioscuri, Castore e Polluce, a cui sono attribuiti i due crepuscoli del mattino e della sera.
Nel quarto libro della “Storia della battaglia apostolica”, composto in Gallia Narbonese, che racconta l’evangelizzazione del mondo fatta dagli apostoli ed il loro martirio, un autore che si firma Abdias, vescovo di Babilonia, fornisce il dettaglio del martirio di san Giacomo. Questa descrizione vede l’incontro di san Filippo con Simone il mago, raccontando la conversione del mago Hermogene e del suo accolito Fileto, il cui nome é preso dalla seconda epistola di san Paolo a Timoteo. Si ispira anche dalla vita di san Pietro che guarisce un paralitico sul cammino di Lidia, per mostrare san Giacomo che fa’ lo stesso, e che converte due sbirri, come fece san Paolo con i due arcieri della guardia imperiale inviati per condurlo al supplizio.
8 secolo- Un inno della liturgia mozaraba, databile della fine del 8 secolo, poiché contiene un acrostico del re asturiano Mauregato (783-789), celebra san Giacomo come l’evangelizzatore e patrono della Spagna. Numerose chiese dedicate a Santiago sono costruite nel Nord del paese.
9 secolo – La tomba di san Giacomo é scoperta nei primi anni del 9 secolo. Nessun testo galiziano che riporti direttamente la sua scoperta e le ragioni della sua identificazione é stato conservato. La menzione dell’Acaia Marmarica nei cataloghi apostolici, spesso deformata nella traduzione manoscritta, ha potuto suggerire l’identità con il luogo della tomba chiamato “arcis marmoricis”. I martirologhi francesi d’Adon e Usuard, che evocano la tomba di fronte al mare di Bretagna, seguendo la versione messinese di Florus, potrebbero essere i primi riflessi testuali di questa Inventio.
10 secolo- La prima versione della Lettera apocrifa di papa Leone (Leone III, grande oppositore del priscillianismo) riporta la traslazione delle reliquie di san Giacomo a Compostella, operando la sintesi di due racconti:
a) quello della traslazione dell’eretico Priscilliano, il cui acrostico appare in filigrana attraverso i toponimi (Bisria + Illicinus = Priscillianus);
b) quello dell’evangelizzazione della Spagna fatta da sette apostoli, secondo il modello della leggenda greca dei sette dormienti. La prima versione della lettera papale da’ il via alla redazione d’inni liturgici cantati durante gli uffizi dai pellegrini, ed il cui testo diffonderà la conoscenza di Santiago fuori dalla Galizia. Esistono tre versioni epistolari posteriori di questo testo, che differiscono tutte per qualche dettaglio; l’ultima é ripresa nella compilazione attribuita a papa Callisto.
11 secolo- 1005 o 1027- Senza dubbio in collegamento con il priorato normanno di saint James de Beuvron, la traslazione delle reliquie é oggetto di un sermone d’apparato a Fleury (oggi Saint-Benoît-sur-Loire).
1072 – Un accordo passato tra il vescovato di Compostella ed il monastero di Antealtares, sulla spartizione dei benefici durante la costruzione della cattedrale, inizia con paragrafo che racconta la scoperta della tomba fatta dal vescovo Teodemiro, in seguito ad una rivelazione fatta all’eremita Pelayo, fondatore del monastero.
hqdefault12 secolo- 1103 – Forse in relazione con una visita di Diego Gelmirez, vescovo di Compostella, a Saint-Martial de Limoges, il racconto della traslazione, detto di “Gembloux”, é redatto nella forma d’una liturgia di San Martiale. Sarà poi ripreso nelle compilazioni poste sotto il patronato del papa Callisto.
1105 – Senza dubbio in occasione della consacrazione della cattedrale di Compostella, il 21 aprile, ossia un hanno dopo la basilica di Vézelay, maestro Panicha riforma gli inni liturgici attribuiti al papa Leone che figureranno ormai sotto doppia attribuzione.
1120 – In occasione del concilio di Reims, che rappresenta un momento importante nel conflitto delle investiture, papa Callisto II fa redigere a Saint-Denis, tra gli altri da Hugo di Porto, rappresentante di Diego Gelmirez al concilio, la storia di Carlomagno e di Rolando in latino. Questa, conosciuta oggi sotto il nome di Cronaca del pseudo-Turpino, é una autobiografia fittizia attribuita a Turpino, arcivescovo di Reims, per incitare la cavalleria francese a partire in crociata in Spagna. Il papa Callisto muore la vigilia di Natale del 1124, prima che questo progetto sia eseguito. Ma il testo del Pseudo-Turpino diverrà uno dei più diffusi del Medioevo (più di 300 manoscritti) ed imporrà nei secoli seguenti l’immagine del prode Rolando, di cui la Chanson originale in lingua romanza, molto meno diffusa (se ne conoscono solo una decina di copie), sarà riscoperta nel 1830.
1131-35 – Sullo sfondo dello scisma pontificale, il patriarca di Gerusalemme, Guglielmo da Messina, invia il canonico regolare di sant’Agostino, Aimeric Picaud, a Compostella passando da Cluny, per fare in modo che Diego Gelmirez sostenga papa Innocenzo II. Aimeric porta con sé la collezione delle opere liturgiche e dei miracoli composta da Guglielmo da Messina in onore di san Giacomo. Lungo la strada aumenterà la sua collezione con miracoli italiani, con quelli di san Gilles nel Gard e con quelli della valle del Rodano risalendo lungo il fiume verso Cluny; poi prenderà spunto dai miracoli di san Leonardo scendendo verso Compostella, raccogliendo in cammino qualche miracolo spagnolo. La sua collezione non va oltre il 1135.
I canonici di Compostella, fino ad allora sotto la regola di sant’Isidoro e solamente associati ai canonici regolari di sant’Agostino, diventano degli Agostiniani veri. E cosi’, l’anno in cui finiscono i lavori della cattedrale di Compostella, i Miracoli che mostrano san Giacomo che protegge senza tregua i suoi pellegrini sui cammini, giungono a puntino per incitare i fedeli a non temere i pericoli del pellegrinaggio. La Traslazione di Marchiennes, che menziona la pietra trovata durante il rifacimento della chiesa di Padron nel 1134 e che avrebbe preso la forma del corpo di san Giacomo, é senza dubbio contemporanea.
1139 – La morte di Diego Gelmirez segna il completamento della “Historia Compostelana” scritta in suo onore ed in cui figurano un racconto della Traslazione delle Reliquie e del ritrovamento della tomba. L’antico abate di Vézelay, Albérico, cardinale di Ostia, e legato pontificale, aggiunge l’ultimo miracolo alla collezione di Aimeric Picaud, e suggerisce di porre la raccolta dei testi jacobei sotto il patronato di papa Callisto II
1140 – La prima versione di questa compilazione contiene la Cronaca di Turpino nella sua versione breve, la lettera-prefazione del papa Callisto, un dossier sulla Traslazione (con la quarta versione della lettera del papa Leone, la Traslazione di Limoges/Gembloux, e le tre solennità di san Giacomo), ed i Miracoli, attribuita al papa Callisto. Questa compilazione appare senza titolo.
1144-45 – La compilazione che prende il nome di “Liber Miraculorum Sancti Jacobi” cambia l’ordine e la natura dei suoi componenti. Le Traslazioni passano davanti e sono seguite dai Miracoli, poi viene la versione lunga della Cronaca di Turpino. Fra queste raccolte appaiono dei testi vari, su san Eutropio di Saintes, sui Navarri, sulla morte di Turpino, sull’emiro di Cordoba, etc. Alla fine della compilazione figura un poema di Aimeric Picaud, che non é altro che una tavola versificata della raccolta dei miracoli, ed una autentificazione apocrifa attribuita a papa Innocenzo II, la stessa confermata da cardinali vari.
1160 – I testi vari isolati tendono a raggrupparsi in volume che occupa la quarta posizione e che diverrà la Guida del Pellegrino. Una vasta compilazione liturgica di sermoni ed uffizi prende il primo posto, i Miracoli il secondo, mentre le Traslazioni passano al terzo. Lo Pseudo-Turpino sembra essere stato accantonato in favore di testi più specificamente religiosi. Questa forma della raccolta potrebbe essere contemporanea della realizzazione del Portico della Gloria della cattedrale.
1165 – La canonizzazione di Carlomagno ridà una attualità religiosa al Pseudo-Turpino e spinge a reintegrarlo tra gli altri testi. Vi prenderà il quarto posto, tra le Traslazioni e la futura Guida del Pellegrino, che scivola al quinto posto. É la forma sotto cui si presenta oggi il Codex Calixtinus o Libro di San Giacomo di Compostella, opera di lusso con pochissime copie, mentre del “Liber Miraculorum Sancti Jacobi”, che ne é la fonte, se ne sono fatte moltissime ed hanno continuato ad essere diffuse nel XIII e XIV secolo.