ELOGIO DEL CAMMINARE


Mettere un piede davanti all’altro é un gesto quotidiano. Ma il camminare va oltre il semplice esercizio fisico. Dal gironzolare alla meditazione, dalla prova di coraggio all’introspezione, ecco cosa alcuni scrittori ci raccontano del « senso » del loro camminare.

Pratica sportiva o spirituale, turistica o terapeutica, il camminare ha ritrovato oggi i suoi titoli di merito. Perché si cammina ? Che cosa si cerca ? Scappatoia al mondo della velocità ed alla modernità, il camminare spinge a superare fisicamente i propri limiti oltre che ad intraprendere un cammino intimo.

Di fronte alla valanga di bloggers, influencers veri o fittizi, scribacchini o speranzosi di un successo che tarda a venire, che riempiono pagine social con esperienze, vere o fittizie, di viaggi tutti uguali, in posti sempre uguali, con foto sempre uguali (selfies più o meno rischiosi), commenti sempre più banali, alla ricerca dell’esotismo più pacchiano, etc etc faccio un tentativo di dare più sostanza ed esperienza reale al camminare, all’esplorare, al raccontare ed allo spiegare che cosa sia un viaggio a piedi.

Ogni tanto faccio una ricerca sul web in un posto a caso per vedere cosa producono i cosiddetti “nuovi media” che spesso ci scrivono per avere spazio o pretendendo di darci spazio con la loro “influenza”…

Il viaggio dell’anno sabbatico degli anglosassoni è tipico ed anche monotono nei luoghi e destinazioni asiatiche, offre talvolta degli spunti per luoghi idilliaci che in pochi mesi saranno inghiottiti dalla massa che segue gli apripista, riuscendo a far chiudere spiagge  come Fa long, o come sulle montagne  ormai invase da tonnellate di immondizia degli scalatori massificati. Oppure destinazioni europee, come la rota vicentina, lanciata dai germanici ed altri nordici in cerca di calore e confort e seguita da sud europei, su cui bloggers e influencers di vario tipo producono banalità o video silenziosi devastanti. O sui cammini di Santiago, su cui si va non per fare un cammino, ma per fare un video, un libro, un reportage, sempre copiati uno sull’altro, una pena…

Ma, in mezzo a questa cianfrusaglia di dilettanti allo sbaraglio, per fortuna emergono persone che davvero camminano e vedono, trasmettendo quello che sentono e perché lo fanno. Ecco alcuni esempi.

Sylvain Tesson, scrittore viaggiatore: « ci si infila in una crepa e si cammina »

« Oggi, ogni piccolo gesto é diretto dalla rivoluzione numerica. Per prendere un treno o andare in un museo, bisogna passare dal computer. Ed a partire dal momento in cui noi affidiamo il minimo dettaglio della nostra esistenza a questo processore ed a questo procedimento, ci si blocca ogni possibilità di imprevisto. […] Ora, quando non si ha la legittimità di aprire ed esporre un discorso critico su questo tema, non ci resta che il CAMMINARE, che ci offre la possibilità di sfuggire al dispositivo. Scivoliamo in una crepa e si cammina, si ritorna a questa libertà dei dettagli, scappando via. »

Sylvain Tesson, il wanderer, appassionato, generoso, é uno scrittore viaggiatore di oggi. «Non me ne frega niente dell’avvenire. Per me, domani non esiste, domani saremo morti. Mi interesso molto poco ai domani…» – Ad un giornalista che gli chiedeva che cosa preferisse nei viaggi, li rispose : « ritrovarmi solo».- Certo, la risposta può sembrare paradossale perché il discorso comune é che il viaggio é fatto per incontrare « gli altri». In mezzo a questo concerto molto consensuale a proposito di questa necessità di andare sempre ad incontrare « gli altri », Tesson afferma : ” non ho bisogno di fare 6000 km per andare ad incontrare l’altro. Ce ne sono ovunque, di altri, per esempio qui in questo appartamento. Poi mi oppongo fermamente al discorso di moda che afferma che c’è un rapporto proporzionale tra la distanza che si mette tra sé e gli altri e l’interesse che gli altri manifestano. Si sente spesso dire che incontrare un Uzbeko o un Papou o un Groenlandese é più interessante che incontrare la vicina di casa o la bottegaia all’angolo. Un giorno, bisognerà che me lo spieghiate”.

Nato nel 1972, cammina con A. Poussin negli anni Novanta e poi con P. Telmon, tentando avventure disperate, soprattutto nelle steppe e nell’antica Siberia russa, che ama particolarmente, e scrive davvero tanto… e pubblica…  Sylvain Tesson casca da un tetto nel 2014. Quando esce dal coma, attraversa la Francia a piedi per “ripararsi”. Da questo periplo ne tira un libro: Sur les chemins noirs (Gallimard, 2016), dove descrive il camminare come una critica in movimento della modernità: camminare é fuggire il mondo numerico ed opporsi così al regno della prevedibilità.

Sarah Marquis, avventuriera : « Camminando ci si scopre coraggiosi »

« Se le mie spedizioni avessero un solo fine, questo sarebbe di mostrare che il legame con la natura é il solo mezzo per l’essere umano di salvarsi la vita. Ho passato la metà della mia vita ad attraversare le foreste, i deserti, le steppe, ed ho sviluppato questa capacità di rigenerarmi, dopo circa venti minuti di cammino. Dopotutto, si tratta semplicemente di ritrovare la condizione originale dell’essere umano: mettere un piede davanti all’altro, nel cuore dell’immensità della natura. » Da più di vent’anni Sarah Marquis percorre il mondo a piedi, in solitaria. Dopo una spedizione nella Cordigliera delle Ande nel 2006, ha camminato durante tre anni dalla Siberia all’Australia. Migliaia di km ed un libro: Sauvage par nature (Pocket, 2015). I suoi lunghi vagabondaggi le hanno valso il titolo di «avventuriera dell’anno» dal National Geographic.

Frederic Gros, filosofo : « Camminare é fare prova di dignità »

« Camminare lungamente, lentamente, con risolutezza, durante giorni, mesi, é fare prova di una forma precisa di coraggio : questa resistenza, che non é ardore esplosivo, ma un modo di  tener duro nella durata, è fare prova anche di dignità: chi cammina sta dritto e avanza. Il camminare simbolizza una umiltà che non é mai umiliante. » Filosofo e professore all’Institut d’études politiques di Parigi, Frédéric Gros elabora un’opera politica, etica ed estetica nel solco di Michel Foucault. In “Camminare, una filosofia (Paris, Carnets Nord, 2008, e Flammarion, 2011), analizza il senso politico che può avere il camminare, individuale o collettivo, modo di espressione popolare per eccellenza.

Martine Segalen, etnologa: « Esiste uno spirito della corsa ed uno spirito del camminare » « Se la corsa ed il camminare rivendicano la stessa origine e la semplicità della loro tecnica, però si differenziano immediatamente per il loro vocabolario : nella corsa si fanno delle falcate; nel camminare dei passi. Aldilà della differenza nella velocità dell’esercizio, che resta il principale carattere marcante, e dell’uso del proprio corpo come motore, corsa e camminare sono praticati da pubblico differente ; sono portatrici di valori differenti, che si tratti del rapporto al tempo, allo spazio, a se stessi ed agli altri. In questo senso, appare chiaro che esiste uno spirito della corsa ed uno spirito del cammino. » Martine Segalen, professoressa emerita all’université di Paris-Nanterre, é l’autrice di uno dei primi libri sulla corsa a piedi: “I figli d’Achille e di Nike. Elogio della corsa a piedi ordinaria” (Métailié), pubblicato nel 1994, che é stato appena riedito con una lunga prefazione che analizza le trasformazioni della corsa, da quella dei Flower Children (figli dei fiori) fino all’attuale movimento del running.

David Le Breton, sociologo : « Il camminare é spesso guarigione, la sua potenza riorganizzatrice non ha età. Da’ la distanza fisica e morale propizia al ritorno su se stessi, la disponibilità agli avvenimenti, il cambiamento di ciò che ci circonda e di chi sono i nostri interlocutori, e quindi l’allontanamento dalle routines personali; ci apre ad un uso del tempo inedito, a degli incontri, secondo la voglia di opportunità di chi cammina… » Sociologo ed antropologo, David Le Breton é professore all’università di Strasburgo, membro dell’Institut universitaire de France ed autore di « Eloge de la marche”(Métailié) ; « Marcher. Eloge des chemins et de la lenteur »(Métailié) e « Du silence » (Métailié) e di numerosi altri testi sulla biomeccanica del corpo umano e sociale. Nei suoi libri, David Le Breton fa l’elogio del camminare e della lentezza come mezzo di redenzione di fronte alle depressioni ed alle amarezze della vita.

Antoine de Baecque, storico : « Camminare fa pensare, poi, talvolta, scrivere. La deambulazione pedestre implica quindi una scrittura. Si pensa camminando; camminare fa pensare, poi, talvolta, scrivere, soprattutto sul … camminare. Questo cerchio può dare la sua struttura, la sua forma anche alla scrittura, altrettanto che il suo soggetto, offrendogli un ritmo, una tessitura, una direzione. Il camminare non é semplicemente una incitazione al racconto, alla condivisione dell’avventura con gli altri, ma può essere capito, da certi autori, come una scansione del corpo indispensabile al ritmo della narrazione. » Queste sono le questioni che si pone lo storico, Antoine de Baecque. Nel libro:”Dans Une histoire de la marche » (Perrin, 2016), questo specialista di storia culturale del XVIII secolo e professore di storia del cinema all’École normale supérieure, pensa il camminare come una métafora della scrittura.

… segue nel PDF da scaricare: Elogio del camminare