Settembre 2010 in Sardegna – segnare il Cammino di Santu Jacu


Segni lasciati su cose e persone

Come si segna un Cammino? Questa era la domanda che girava all’interno del gruppo di volontari che si erano presi l’impegno di iniziare a tracciare il Cammino di Santu Jacu. Eravamo persone di provenienza diversa, che si erano conosciute a causa dell’amore per i Cammini e che si erano unite a causa di un sogno: far vivere in Sardegna un Cammino dedicato all’apostolo Giacomo.
Il nostro progetto era ormai giunto alla terza tappa: dopo Maggio, quando gli “esploratori” avevano cercato di trasferire il percorso dalle mappe alla realtà e dopo Luglio, dedicato alla nascita dell’associazione che doveva gestire il progetto e rapportarsi con gli enti locali, ecco arrivare Settembre: il tempo dei “pennellatori”. Nessuno sembrava avere competenze specifiche, ma alcune cose erano chiare: il Cammino andava segnato come gli altri itinerari jacopei già consolidati a livello europeo; in attesa di fondi e autorizzazioni per impiantare la segnaletica verticale (la cartellonistica, per intenderci), noi dovevamo occuparci di quella orizzontale, cioè dipingere le tanto care frecce e conchiglie gialle!
Pochi i mezzi a disposizione, ma molta la fantasia impiegata per sopperire a tutte le mancanze prevedibili… Così le settimane precedenti la partenza sono state dedicate alla ricerca del materiale necessario, e alcune case si sono trasformate in laboratori di hobbistica, in cui cimentarsi con pennelli, vernice, taglierini, squadrette e seghetti, sagome in plastica di varia provenienza e legno per i più professionisti… nell’intento di costruire delle maschere che ci permettessero di produrre segni omogenei e facilmente caratterizzabili.

Avvicinandosi la data dell’inizio delle operazioni, l’entusiasmo per la nuova esperienza cresceva di pari passo con la preoccupazione di non essere all’altezza della situazione: saremmo stati in numero sufficiente e capaci di fare un buon lavoro? Oltretutto per me questo non era solo il debutto come segnatore, ma anche la prima volta che mi recavo in Sardegna e mi ritrovavo a dover immaginare tutto, sulla base di qualche video visto in televisione o di fotografie scattate da amici…
La realtà sull’isola era destinata a sconvolgere molte delle aspettative… e chi è stato pellegrino sulle strade di Santiago, sa che questa è una benedizione, perché è dall’incontro con l’inatteso che nasce l’esperienza più arricchente. Per esempio, ben presto ci si rese conto che l’uso delle maschere rallentava enormemente il lavoro, e non garantiva un prodotto migliore, anzi…
Così, spesso si è proceduto a mano libera. Tutti, davvero tutti, si sono a turno cimentati nell’impresa, ognuno con diverse capacità e… diversi esiti!
Mi aspettavo lunghe camminate col cestello degli attrezzi del segnatore e invece… per coprire almeno parte dei quasi 600 Km di percorso, è stato spesso necessario muoversi con auto al seguito su tutti i tratti carrabili… e anche alcuni non carrabili! Solo la voglia di fare e un pizzico di incoscienza ci ha spinto ad usare le nostre compassate automobili cittadine come se fossero prestanti fuoristrada…
La base delle operazioni è stata prevalentemente l’ormai mitica casa-albergue di Mandas… la vita insieme in quel luogo mi ha ben presto ricordato come nessun Cammino sarebbe stato segnato senza il contributo di tutti, piccolo o grande che fosse. E allora grazie a chi ha cucinato, pulito, fatto la spesa, confortato, accolto, ascoltato, consigliato… grazie a chi ha donato e condiviso sorrisi, tempo, vita: Alessandro, Carla, Caterina, Elena, Fausto, Flavio, Francesco, Franco, Gabriella, Gianna, Gianni V., Gisella, Nazario, Paolo, Peppino, Piero, Piero C., Roberto, Romina, Sara, Serena, Sergio, Silvana, Simonetta, Stefania… senza dimenticare gli assenti per vari motivi e tutte le persone che lungo il Cammino ci hanno dato il loro aiuto.
La fortuna ci ha assistito, regalandoci giornate con sole e vento: proprio quello che ci voleva, per dipingere e far asciugare in fretta la vernice. Divisi in squadre sulla base delle persone e vetture disponibili, abbiamo scandagliato il percorso che unisce i nove comuni costituenti l’ossatura principale del Cammino di Santu Jacu: Perdaxius, Cagliari, Soleminis, Goni, Mandas, Nughedu Santa Vittoria, Noragugume, Ittireddu e Orosei. Ho potuto così scoprire una terra magnifica, per la bellezza e la varietà dei luoghi: scogliere a picco sul mare, torri di avvistamento, spiagge, brulle montagne dove la vista può spaziare a 360 gradi, laghi, altipiani degni delle migliori mesetas spagnole, boschi di sughere ed eucalipti, paesini silenziosi addobbati con murales…
È stato un lavoro duro… anche perché il Cammino non era sempre perfettamente individuato e pronto da segnare. Molte ore sono state dedicate, prima ancora che all’opera di “spennellatura”, a cercare il percorso migliore.
Cartine alla mano, a volte ci è toccato un vero tour de force tra strade che morivano nel nulla, cancelli chiusi e staccionate di ovili e pascoli improvvisati, sentieri ingoiati dalla vegetazione o dalle modifiche che l’uomo aveva imposto al territorio… Giocoforza alcuni tratti sono rimasti in sospeso, altri sono stati tracciati sommariamente, alcune varianti più consone ai camminanti dovranno essere definite.
Ma l’importante era cominciare… perché non si trattava solo di lasciare dei segni su muretti a secco, sassi, pali, lampioni, cordoli stradali… dovevamo lasciare un segno anche nella gente che vive nei luoghi attraversati dal Cammino. Eravamo e siamo consapevoli che non ci potrà essere Cammino di Santu Jacu se i sardi non impareranno a conoscerlo e ad accettarlo… e forse l’emozione più grande è stata il vedere pastori, operai, impiegati comunali, guardie forestali, baristi, negozianti e casalinghe… tutti che si avvicinavano a noi con curiosità, a volte perplessità e diffidenza, per poi andarsene colpiti dai nostri sorrisi e dal nostro entusiasmo.
Molto lavoro rimane da fare, non solo come mera segnatura del Cammino. Diamo il benvenuto a tutte le persone di buona volontà. Se credete che inseguire un sogno per trasformarlo in realtà non sia tempo sprecato, se credete che i Cammini migliorino le persone che li percorrono, e che quindi costruire Cammini significa seminare del bene… allora unitevi anche voi al sogno di Santu Jacu.
L’ultimo pensiero va all’isola che ho appena lasciato e a cui già penso con nostalgia e voglia di tornare… il fatto è che mi aspettavo di venire in Sardegna per lasciare dei segni sul Cammino… macchie di colore che potrebbero alla meglio durare 2-3 anni. Ma non mi aspettavo che il Cammino lasciasse in me un segno profondo e, questo sì, indelebile…

Ciao e… Forza paris!
Stefano

(per informazioni e-mail: amicisantujacu@gmail.com)