POZZI SENZA FONDO


POZZI SENZA FONDO

 

In questi ultimi tempi abbiamo presentato il cammino di santu Jacu nella sua versione quasi definitiva in alcune occasioni pubbliche con pubblico diverso, da Scirarindi con gli alternativi, al corso guide ONA con allievi e maestri dell’escursionismo, al forum su religione e turismo degli itinerari religiosi coi professionisti della politica e dei fondi pubblici.

La prima cosa che salta all’occhio è che chi ha già fatto uno dei cammini di Santiago ha un approccio diverso e propositivo, rispetto a chi ne ha solo sentito parlare o letto uno di quei racconti mirabolanti che pullulano sul net o nelle editorie fai da te.

Noi ribadiamo sempre che “ il cammino non è spazio, è tempo, tempo di progresso dove l’esperienza e la conoscenza incubano la saggezza” e bisogna fermarsi a riflettere bene a queste parole.

In effetti, camminare si può dovunque; la terra è vasta, lo spazio enorme.

Ma quello che fa difetto nei tempi moderni è il tempo!

Siamo stretti, ingabbiati in tempi e ritmi che non sono nostri; in regole di condotta spesso assurde e costringenti che invitano solo ad eluderle, come se fossimo sempre su un’autostrada con i guardrail che ci impediscono di uscire, i segnali di limiti di velocità, le corsie, le strisce continue e discontinue, le uscite obbligate…e poi arrivano i nodi urbani, asfissianti, logoranti, i semafori, i sensi unici, i divieti di sosta, le multe e la patente a punti…

Tempi e ritmi imposti da una società che risponde solo al credo produttivista e della velocità che tutto può e che tutto deve caratterizzare per generare il massimo profitto per quei pochi che godono del tempo e che possono permettersi lusso e spreco.

 

“Il cammino è tempo”: riappropriarsi il tempo di poter star lontani, per quanto possibile, da ritmi e tempi imposti, per poter riflettere su chi siamo, cosa facciamo, dove andiamo, è uno degli imperativi categorici che animano le persone più intelligenti del nostro tempo.

Alcuni scelgono di andare in un tempio buddista, altri di esiliarsi in villaggi diroccati, altri di perdersi nei meandri di droga e alcol….e via andare.

Noi abbiamo scelto di fare un cammino, di avere il tempo di percorrere uno spazio più o meno organizzato, che permetta allo spirito ed al corpo, nel loro rapporto dialettico, di integrare ed assimilare il nuovo modo di essere, con un peso più o meno grande sulle spalle, con un diverso modo di nutrirsi, di alloggiare, di muoversi, con il tempo di pensare ai propri guai  e doloretti fisici, di superarli e di poter sognare ad occhi aperti, ripulendo corpo e mente.

Non è facile descrivere lo stato in cui ci si trova quando si cammina da un po’; il dolore permane, anche se si è allenati, ma come sanno bene i runners quotidiani, lo stato di benessere psicofisico indotto riesce quasi a farlo dimenticare e ci si apre…

Aprirsi significa poter conoscere l’altro, lo straniero, il diverso; la cultura diversa dalla nostra, il modo di pensare, di essere, di porsi; di separare la paccottiglia dal reale, quello che si vuole far credere di essere da ciò che si è realmente, ciò che si vale realmente, con annessi e connessi, da quello che si pensava di essere o che ti facevano credere che eri…

Nei momenti di difficoltà, soprattutto nei primi giorni, la tentazione è forte di svicolare, di ricorrere a sotterfugi, di far parlare la carta di credito, di affermare la propria superiorità con soldi o titoli di merito o forza fisica. Ad ognuno i suoi trucchi, la società del consumo ad oltranza è lì per offrirti, anche sul cammino, la ricerca del minimo sforzo, però a pagamento…

Ma chi continua il suo cammino acquisisce conoscenza, che gli consente di progredire, di capire cosa sarebbe una società a dei ritmi più consoni agli umani, non certo abolendo computer, reti elettriche o trasporti veloci, ma abolendo quelli che appropriandosi del lavoro collettivo, ne fanno uso privato, personale o di lobby, di burocrazia parassitaria, di potere per fare quello che vogliono senza essere mai giudicati o espropriati, perché la massa china il capo, aumenta i ritmi e accetta la sottomissione.

Sui cammini l’esperienza di quello che stai facendo e la conoscenza di un mondo diverso aiutano a superare i localismi, le frasi fatte, gli egoismi di cui si nutrono gli appetiti reazionari xenofobi e razzisti.

Il confronto è sempre fattore di crescita perché produce la comprensione, anche se la condivisione delle idee o esperienze degli altri non è mai un obbligo !

Tempo di progresso, conoscenza, esperienza, incubano la saggezza.

Per chi la vuole e chi la cerca…

I professionisti del più alto, più forte, più veloce sicuramente non ci arrivano: passano e vanno… ”mah, io non ci ho trovato niente” dicono poi. Pero’ ci hanno rotto le palle coi racconti serali dei loro exploits e ci hanno disturbato nei nostri pensieri o scambi con amici durante la giornata di marcia, sfrecciando pericolosamente tra di noi.

Esperienza che dura nel tempo, il cammino.

Al nostro ritorno non è possibile descrivere quello che si è raccolto in termini di esperienze, progressi personali, briciole di saggezza, variazioni di modo di pensare e di porsi.

Ci proviamo, ma vediamo che, aldilà dei km percorsi e in quanto tempo, non capiscono… il loro metro di giudizio è quello della società in cui vivono e da cui sono impregnati.

Ed anche noi, dopo qualche giorno, rientriamo nella “norma”, salvo poi andare in crisi con l’arrivo dell’inverno e mettersi a sognare il prossimo cammino….

Tutto questo e altro, abbiamo cercato di spiegarlo nel poco tempo a disposizione, ai signori della politica e delle lobby di potere.

Abbiamo cercato di rimettere le cose con i piedi per terra.

A chi, come sempre, chiedeva l’elemosina delle prebende regionali per continuare a fare quello che han sempre fatto, usando il pretesto del cammino che avrebbero prodotto, sulla carta (o anche senza neppure quello), noi abbiamo risposto che con le chiacchiere tutto si può fare, ma che noi abbiamo pensato, costruito e verificato, aprendolo al pubblico, una rete di cammini in Sardegna solo con il nostro lavoro volontario, tracciando l’itinerario, percorrendolo, verificando e testando gli alloggi e cercandone di più accessibili, unendo nuovi e vecchi amici nei gruppi locali e nella nostra associazione, e lasciando poi alla critica degli apripista stranieri ed italiani il compito di metterci in evidenza errori ed omissioni, per fare i dovuti cambi e renderlo migliore.

In poche parole, non abbiamo aspettato ipotetici futuri fondi pubblici per metterci a realizzare il nostro sogno, né abbiamo messo un titolo diverso a cose che con il cammino non c’entrano niente, pur di rientrare nel dispositivo regionale e cosi’ continuare a “vivere di rendita”.

Ormai, in questi ultimi anni, i professionisti dell’apparire li conosciamo bene anche noi.

Arrivano in ritardo al forum e comunque si infilano fino sotto il palco nei posti riservati ai relatori (e non a loro) pur di essere nelle prime fila e di apparire nei giornali tv…. e quanto gli morde di non essere invitati a parlare… ché il microfono lo sanno tenere a lungo…

Oppure la loro rendita di posizione, perché ormai rappresentano solo se stessi, gli permette di presentare al pubblico cose di cui hanno conoscenza per sentito dire o per lettura e che sono ormai vecchie di vent’anni perché anche i cammini evolvono come le coscienze umane di chi li frequenta…

Quando, in anni scorsi, ci siamo messi a studiare come e dove fare il cammino sardo, ci siamo rivolti a tutti quelli che pensavamo esperti nel loro campo, nella nostra ottica di camminanti che è quella di condividere…

Qualcuno è stato ben disposto a condividere con noi, a trasmetterci il suo sapere, la sua saggezza…

I professionisti della tangente si sono sentiti in pericolo: arrivava qualcuno che avrebbe preso una fetta della loro torta, si dicevano e la reazione era scontata….

Adesso poi che abbiamo dimostrato che si può e si poteva fare qualcosa di benfatto senza l’elemosina, ahiii il re è nudo!

Si sono pure incarogniti…e diciamo che ci aspettano al varco.

Forse non hanno capito che noi siamo fuori dal loro gioco e che se adesso ci servono quattro soldini per editare le guide e fare la segnaletica stabile, non dobbiamo andare a piangere miseria, ma mettiamo in moto il mondo jacobeo e ce la facciamo anche senza l’elemosina…

Altra lezione di stile.

E che comunque sarà sempre e solo la bontà del lavoro fatto sul tracciato e sulle accoglienze con buoni ospitalieri che determinerà la crescita o no della frequentazione e quindi il persistere del nostro cammino sardo.

Di cadaveri di veri o presunti cammini è pieno il mondo, ci dispiace per chi ne aveva il sogno e che ci ha messo le sue forze…

Ma i cammini non sono tutti uguali, al contrario di come diceva la prof seguace di Thoreau al convegno, altrimenti mi devono spiegare perché su alcuni ci va la gente a camminare e su altri devi obbligare quattro studenti ad andarci per dargli il voto d’esame oppure un solo giorno all’anno, in occasione della giornata dei cammini (primo weekend di maggio) ed i sindaci organizzano la kermesse…

Restiamo sempre aperti al confronto costruttivo ed allo scambio di esperienze, ma continuiamo sulla strada intrapresa.

Buon cammino, flavio Vandoni